Sono un ex-podista amatoriale; ho fatto molte gare domenicali e alcune un po’ più lunghe, fino a percorrere anche diverse maratone. L’avventura con il mio cuore inizia nel 2009, quando ad una visita per l’idoneità sportiva, il medico mi riscontra delle aritmie nella fase di recupero, mi rilascia l’idoneità ma mi invita a fare ulteriori accertamenti. Mi rivolgo al primario di cardiologia dell’ospedale del mio paese, che mi invita a limitare la mia attività alle piccole gare evitando le maratone. Nel 2012 arrivano i primi avvisi di malessere e si presentano le fibrillazioni atriali: le prime rientrano spontaneamente, poi con i farmaci. Ad Agosto 2014 vengo ricoverato, il cuore sembra ispessito e i medici mi invitano a sottopormi all’ablazione delle vene polmonari. L’ablazione riesce perfettamente, ma le fibrillazioni insistono anche se più dilazionate nel tempo.

Nel Luglio 2015 il cuore si è ancora ispessito, ed il cardiologo mi consiglia un controllo presso il centro per le Cardiomiopatie di Careggi-Firenze, diretto dal Dr. Olivotto. Appena visionati i miei referti vengo inserito fra i pazienti da controllare velocemente. Al controllo, viene refertato un sospetto di Amiloidosi Cardiaca: per avere la certezza mi invitano a sottopormi alla Scintigrafia ossea. Quell’esame dimostra che l’Amiloidosi non è più un sospetto ma una certezza.

Vengo inviato per consulenza al Centro per l’Amiloidosi, sempre a Careggi, dal Dr. Perfetto. Anche in questo caso trovo un medico eccezionale, che mi prende in carico e mi segue assiduamente. Come prima cosa mi fa eseguire, per ben due volte, l’analisi del grasso periombelicale che risulta sempre negativo. Successivamente mi viene eseguita la Biopsia Miocardica (BEM), che risulta positiva. Non esistendo al momento, alcuna terapia specifica, vengo sottoposto a varie cure ma senza nessun miglioramento. Le fibrillazioni si fanno più frequenti. Mi resta la speranza di un farmaco nuovo ed io sono disponibile a sottopormi anche ad una sperimentazione, ma non arriva alcuna novità. Il Dr. Perfetto, durante una successiva visita, mi chiese se ero ancora capace di vestirmi da solo e se riuscivo ad andare in bagno da solo. Queste domande mi stupivano molto perché ero ancora completamente indipendente, ma lui mi disse che il mio futuro sarebbe forse passato anche da questi ostacoli. Nella stessa seduta mi viene proposto il trapianto cardiaco. A me e a mia moglie viene a mancare la parola ed il fiato, non riusciamo a elaborare quel tipo di proposta, non eravamo pronti.

Per eseguire il trapianto ci sono molti problemi, io l’ho saputo successivamente, perché avendo superato, seppure da pochi mesi i 65 anni di età, molti centri trapianto non mi prendono in esame. Ma viene trovato un centro che mi può ricevere, il Dr. Olivotto insieme al cardiochirurgo Dr. Bonacchi mi comunicano che la mia aspettativa di vita non può essere lunga e che avevano trovato un centro, all’ospedale di Udine. Città bella ma nella mia mente non richiamava una città dove la medicina fosse all’avanguardia e poi così lontana dalla mia residenza. Chiedo un nuovo incontro con il Dr. Olivotto per valutare tutte le problematiche specifiche, lui da bravissimo uomo quale è, mi riceve e mi dedica il tempo necessario a tranquillizzarmi. Confermo la mia intenzione a percorrere questa via dolorosa e con molte incognite e difficoltà, inizio tutte le visite per validare il mio stato di salute ed essere inserito nella lista di attesa. Anche qui la grande professionalità ed umanità del Centro diretto dal Dr Olivotto si fa sentire, riesce a programmarmi tutte visite cercando di incastrarne una di seguito all’altra senza stancarmi troppo ma facendo il più velocemente possibile.

Il 13 Luglio 2017 vengo chiamato dall’ospedale di Udine per essere inserito nella lista di attesa con tutti gli esami che avevo già effettuato. Ultimate tutte le formalità, mi informano che esiste anche una struttura ricettiva per gli ammalati e per un componente la famiglia dove ospitano gratuitamente i pazienti delle lungo degenze. Una volta rientrati a casa, portiamo dietro tanta angoscia per quello che ci accadrà, iniziamo a preparare le valige senza nessuna certezza, non sappiamo quando avverrà, che stagione sarà, se serviranno abiti estivi, invernali o altro non sappiamo quali altri accessori predisporre ma decidiamo di iniziare ugualmente inserendo per ora abiti estivi e poi……. si vedrà, cambieremo la valigia.

Il 25 sera all’ora di cena mi chiamano dall’ospedale di Udine: c’era un organo adatto a me!   Vengo assalito dalla preoccupazione e dallo sconforto per la gravità dell’intervento che mi appresto a subire. Come primo impatto mi viene la voglia rinunciare e aspettare il prossimo organo. Il medico che è al telefono con molta pazienza  mi invita ad accettare dicendomi che io ero in condizioni critiche e che l’organo che mi veniva proposto era perfettamente compatibile, e che avrei potuto rimanere in lista all’infinito, ma un cuore più idoneo di così non lo avrei mai potuto ricevere. Accetto l’intervento ed inizia il periodo più drammatico di tutta la mia storia perché l’attesa di partire si prolunga per diverse ore. L’angoscia era davvero tanta: ogni mezz’ora contattavo prima Udine e poi Careggi, che deve organizzare il mio trasferimento. Finalmente alle due di notte arriva l’ordine di partire. Mi devo recare all’aeroporto militare di Grosseto e da lì un volo riservato mi avrebbe trasferito ad Udine. Chiudo definitivamente le valige preparate alla rinfusa e, accompagnato da mio cugino e da mia moglie che mi seguirà per tutta l’avventura, partiamo per Grosseto; l’angoscia piano piano si allenta. Arrivati a Grosseto aspettiamo l’aereo e una volta a bordo inizia la fase migliore perché i membri dell’equipaggio mi fanno accomodare alla porta della cabina e per la prima e forse ultima volta nella mia vita vedo il mondo dalla cabina di un aereo dal decollo all’atterraggio. Una bellissima esperienza! Unico lato negativo: appena atterrati, alla fine della pista c’era l’ambulanza che mi attendeva e quella visione mi ha fatto dimenticare tutte le bellezze che avevo ammirato fino ad allora !

Arrivato all’ospedale inizia la preparazione preoperatoria, mi rilasso e all’ingresso in sala operatoria sono abbastanza tranquillo ma consapevole che mi aspetteranno diversi giorni di sofferenze gigantesche, con l’anestesista riesco anche a fare una battuta, non credo molto spiritosa, non era il momento opportuno.

Mi risveglio in terapia intensiva, incontro molte sofferenze non drammatiche, ero preparato a peggio. I medici e gli infermieri sono molto attenti alle mie condizioni. Le mie giornate trascorrevano guardando l’orologio per aspettare le 19, ora in cui arrivava mia moglie, ma riuscivamo a malapena a scambiarci poche parole e già era l’ora di lasciarci. Certamente mia moglie, moralmente, ha sofferto più di me ed io ne sono sempre stato consapevole. Anche solo il fatto di avere il marito sottoposto ad un intervento fra la vita e la morte ed essere da sola lontana 500 km da casa senza avere nessun appoggio o consolazione, l’unico appiglio sono stati alcuni amici e qualche parente che la chiamavano continuamente, quindi con la loro vicinanza la sostenevano un po’. Dopo 5 giorni di terapia intensiva finalmente la situazione migliora. Sono felice ! un solo giorno in subintensiva, e poi al rientro dalla prima Biopsia endomiocardica (BEM) vado in reparto. Le visite e gli accertamenti non mancano, mi inizia un herpes in bocca molto fastidioso, ma poi si attenua e si va avanti. Il 17 Agosto vengo trasferito nella struttura riservata che si chiama “Casa Mia”, dove resto oltre due mesi di continui controlli e monitoraggi vari, durante i quali mi vengono a trovare mia figlia con tutta la famiglia, passiamo delle giornate tutti assieme con una serenità che non avevamo da anni, ed anche altri amici.

Passato questa grande avventura resta da abituarsi a questo nuovo stile di vita. Io e il mio organismo dobbiamo imparare a sopportare gli immunosoppressori, non è facile. Il primo anno devo andare ogni mese e a Udine per fare le BEM, meno male che vanno quasi tutte bene, solo qualche volta un accenno di rigetto. Non riesco a trovare un attimo di tranquillità fra viaggi a Udine, e gli esami da fare a casa. Passato il secondo anno finalmente piano piano la situazione si addrizza e finalmente anche le visite e i controlli rallentano e riesco davvero ad avere una vita normale.

La situazione fisica diventa ottima. Sto molto meglio di prima dell’intervento.

Alcune associazioni di volontariato mi invitano a presenziare in assemblee con studenti del V anno delle superiori nelle quali faccio da testimonial per invitare gli allievi già maggiorenni, a donare sangue e ad iscriversi negli elenchi della donazione di organi. Anche questa veste mi emoziona e mi dà stimoli per stare sempre al servizio dell’umanità, visto che il cuore donato da una persona che purtroppo non c’è più, mi ha permesso di passare ancora qualche altro anno in buone condizioni e non finirò mai di ringraziarlo.

Sarebbe bello se queste persone aumentassero e si potesse riuscire a salvare un numero superiore di vite!!