La tossicità da chemioterapia è in continuo aumento per il costante incremento dei pazienti trattati con chemioterapia, farmaci biologici e/o radioterapia, spesso associati ed in dosi cumulative, e sopravvissuti al cancro. La predisposizione alla cardiotossicità dipende sia da fattori genetici, che da fattori individuali ambientali (es. età e presenza di altre patologie, es. cardiopatia ischemica, ipertensione, diabete, abuso di alcool, fumo).

La cardiotossicità si può manifestare durante la terapia oppure a distanza di mesi o anche di molti anni. Gran parte dei pazienti non presentano sintomi e solo gli esami strumentali possono dimostrare il danno derivato dalla chemio e/o radioterapia: aritmie, versamento pericardico, ridotta funzione contrattile del ventricolo sinistro fino ad un quadro evidente di Cardiomiopatia dilatativa. Più raramente, si presenta con scompenso cardiaco congestizio, ed anche infarto miocardico. La pericardite, è frequente invece dopo radioterapia del mediastino o dell’area mammaria sinistra.

Si conoscono relativamente bene gli effetti dei diversi tipi di farmaci chemioterapici.  I classici farmaci, come le antracicline, provocano un danno miocardico irreversibile poiché legato al danno diretto delle cellule del cuore (cardiomiociti). I nuovi antitumorali possono causare ipertensione arteriosa, aritmie, disfunzione ventricolare sinistra e scompenso cardiaco, ma il loro effetto sembra essere reversibile e meno potente. L’effetto dipende anche dalla dose totale di farmaco per superficie corporea e dall’associazione di diversi farmaci, come ad esempio, Ciclofosfamide, Trastuzumab e taxani, il sesso femminile, una pregressa cardiopatia e l’ipertensione arteriosa, e/o cicli di radioterapia che include porzioni di cuore.

Ad esempio, per la classe delle Antracicline (es. Doxorubicina ed Epirubicina), la dose massima tossica di doxorubicina è compresa tra 400-550 mg/m2. In alcuni pazienti la disfunzione ventricolare, generalmente asintomatica, può però iniziare anche a dosi inferiori, circa 200 mg/m2.

Per il Trastuzumab, invece in circa 1/3 dei pazienti trattati si può sviluppare una Cardiomiopatia Dilatativa (CMD). Ma la sua cardiotossicità non è dose dipendente e spesso è reversibile con la sospensione della terapia. Circa il 5% dei pazienti sviluppa CMD  quando il Trastuzumab è somministrato da solo, ma questa percentuale sale al 27% se è in combinazione con antraciclina e ciclofosfamide.

La prevenzione del danno sembra possibile con la somministrazione di alcuni farmaci.

LA CARDIOTOSSICITÀ DOPO RADIOTERAPIA

Il trattamento con Radioterapia del tumore della mammella e del linfoma di Hodgkin comporta l’irradiazione di porzioni di cuore, e può provocare reazioni a breve termine (di solito una pericardite anche con abbondante versamento pericardico), ma soprattutto a distanza anche di molti anni.

Le conseguenze a distanza, di solito  fra i 10 e 20 anni, talvolta anche dopo 30 anni,  coinvolgono le coronarie, con manifestazioni di angina ed infarto miocardico, il ventricolo sinistro con pareti più sottili e disfunzione ventricolare sinistra, danno valvolare, blocchi atrio-ventricolari,  fibrosi del pericardio che diviene meno elastico e/ o versamento pericardico cronico.

Attualmente le tecniche di radioterapia riducono le dosi erogate ed appaiono più sicure ed efficaci ma non è dimostrano se abbiano ridotte le complicanze tardive.