di Laura D’Ettole
Intervista al prof. Giuseppe Limongelli, direttore del Centro di coordinamento malattie rare della Regione Campania presso l’ospedale Monaldi
Hanno trattato con successo in Italia il primo bambino affetto da una particolare forma di cardiomiopatia congenita e rappresentano un potente attrattore in tutta l’area meridionale per pazienti affetti da malattie rare. Ci spiega la loro attività e il loro approccio innovativo il Prof. Giuseppe Limongelli, direttore del Centro di coordinamento malattie rare della Regione Campania presso l’ospedale Monaldi, Azienda Ospedaliera dei Colli (Na), ed esperto di cardiomiopatie in età pediatrica.
Professore ci può aiutare a capire quando si parla di malattie rare in rapporto alla popolazione?
Le malattie rare per definizione sono un vasto gruppo di malattie presenti in un numero ristretto di persone, meno dello 0,05% della popolazione, cioè meno di una persona affetta su 2000 o in altre parole meno di 5 persone ogni 10.000 abitanti. Detto così sembra una piccola nicchia, ma quando dalle percentuali passiamo ai numeri assoluti la loro rilevanza è molto più evidente. Secondo la rete Orphanet Italia, nel nostro Paese i malati con malattie rare sono circa 2 milioni: nel 70% dei casi si tratta di pazienti in età pediatrica. Nella sola Campania possiamo contare quasi 30mila pazienti registrati. Come vede si tratta di un insieme significativo, al cui interno possiamo registrare la presenza di ben 7/8000 tipi di patologie rare diverse tra loro, che di conseguenza generano problemi specifici legati alla loro rarità.
Parliamo ora di cardiomiopatie, cioè di malattie del muscolo cardiaco, rare
In età pediatrica in genere sono poche, al contrario nel paziente adulto sono più frequenti di quanto non si possa supporre. Facciamo l’esempio della malattia di Fabry o l’Amiloidosi, patologie su cui la ricerca ha posto particolare attenzione, ebbene è molto importante riconoscerle e distinguerle, quando viene fatta diagnosi di Cardiomiopatia ipertrofica, perché per combatterle abbiamo un’efficace terapia specifica. Analogamente, in ambito pediatrico, possono manifestarsi malattie del muscolo cardiaco di origine genetica, o patologie legate a sindromi o malattie metaboliche.
Qui basta citare la malattia di Pompe o la sindrome di Noonan: per entrambe abbiamo terapie specifiche. Per quest’ultima in particolare, una rara forma di cardiomiopatia congenita, ad aprile al Monaldi è stato trattato con successo il primo bambino italiano, grazie alla somministrazione di un farmaco innovativo. In altre parole, oggi non basta dire “lei ha una cardiomiopatia”, ma bisogna darle un nome, definire con precisione la causa per trattarla con armi efficaci.
Si tratta di un cambiamento non da poco nelle conoscenze mediche e di conseguenza nel rapporto medico paziente
E’ un concetto che implica una gestione completamente diversa del paziente. Non a caso con questo approccio stiamo diventando modello della medicina di precisione: preciso nella diagnosi e dunque nella terapia. Oggi sta infatti aumentando la consapevolezza dell’esigenza di formazione dei medici specialisti e dell’informazione verso il grande pubblico. Se ho un sospetto precoce posso ridurre il ritardo diagnostico e dunque aumentare l’efficacia della terapia. Come Regione Campania abbiamo fatto una campagna informativa in barca a vela in tante città (Issiamo le vele – Vento in poppa per la ricerca – #thinkrare), fino a Marsiglia, per far conoscere alla gente quali siano i campanelli d’allarme che possono far scattare il sospetto di malattia rara, e insegnare ad ascoltarli.
Quanti sono in Italia i centri per le malattie rare?
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’Italia è il paese con più centri di riferimento in Europa, quasi in tutte le regioni. L’ospedale Monaldi di Napoli in particolare fa parte dei dieci centri di riferimento del nostro Paese per le malattie rare del cuore. Nel sud Italia la nostra è l’unica realtà e dunque accogliamo una grande quantità di pazienti, adulti e bambini, senza contare il nostro ambulatorio di consulenza genetica e l’ambulatorio multidisciplinare (multispecialistico).
Fra le tante cose lei è il referente scientifico ed istituzionale di associazioni di pazienti per malattie rare presso l’ospedale Monaldi, ma anche in regione Campania. Questo snodo è parte del vostro modello di “medicina di precisione”?
Il paziente è una fonte di comprensione, rappresenta l’altra faccia della medaglia. Noi medici abbiamo una nostra visione, ma è necessario confrontarla continuamente con quella del paziente. Il medico è clinico e scientifico, il paziente ha una sfera di bisogni non soddisfatti che vanno evidenziati e compresi: si parte da diagnosi non precise, a medici che non li prendono in carico, passando per analisi difficili da eseguire o terapie troppo costose. Ognuno di loro è una fonte di informazioni preziose. Del resto per chi facciamo sanità? Dieci pazienti o associazioni di categoria possono dire dieci cose diverse, è vero, ma una collaborazione virtuosa fra istituzioni, medici e pazienti è l’unico modo per dare risposte efficaci e le associazioni fra pazienti e medici sono fondamentali.
Conseguenze medico-sociali delle malattie rare
Conseguenze medico-sociali delle malattie rare
Le conoscenze scientifiche e mediche sulle malattie rare sono talvolta scarse e non adeguate. Per molto tempo sono state ignorate dai medici, dai ricercatori e dalle istituzioni e non esistevano fino a pochi anni fa attività scientifiche e politiche finalizzate alla ricerca nel campo delle malattie rare. Per molte di queste malattie ancora oggi non è disponibile una cura efficace, ma numerosi trattamenti appropriati possono migliorare la qualità della vita e prolungarne la durata. In alcuni casi sono stati ottenuti progressi sostanziali, dimostrando che non bisogna arrendersi ma, al contrario, perseguire e intensificare gli sforzi nella ricerca e nella solidarietà sociale.
Tutte le persone affette da queste malattie incontrano le stesse difficoltà nel raggiungere la diagnosi, nell’ottenere informazioni, nel venire orientati verso professionisti competenti. Sono ugualmente problematici l’accesso a cure di qualità, la presa in carico sociale e medica della malattia, il coordinamento tra le cure ospedaliere e le cure di base, l’autonomia e l’inserimento sociale, professionale e civico.
Le persone affette dalle malattie rare sono più vulnerabili sul piano psicologico, sociale, economico e culturale. Queste difficoltà potrebbero essere superate con interventi politici appropriati. A causa della mancanza di sufficienti conoscenze mediche e scientifiche, molti pazienti non vengono diagnosticati e le loro malattie non vengono riconosciute. Quindi, la presa in carico di questi pazienti è per lo più sintomatica. I pazienti sono quelli che soffrono maggiormente per le difficoltà legate alla presa in carico.
La Rete regionale dei Presidi di riferimento per le MR
La Rete regionale dei Presidi di riferimento per le MR
Un Centro Malattie Rare è singolo Dipartimento/Struttura Organizzativa Dipartimentale/Unità Operativa, presente all’interno di un Ente/Azienda Ospedaliera/Azienda Universitaria (Presidio della Rete MR), la cui attività riguarda una o più Malattie Rare, e presso il quale il paziente può recarsi per ricevere assistenza e/o per formulare la diagnosi e certificare la propria patologia.
La Rete regionale dei Presidi di riferimento per le MR (Presidi di Rete) è stata istituita in concomitanza con la creazione di una Struttura Regionale di Coordinamento dei Presidi, sulla base di comprovata esperienza nella diagnosi e terapia.