Dott.ssa Francesca Girolami, Cardiogenetica – Ospedale Pediatrico Meyer

Se un genitore è affetto da Cardiomiopatia deve sottoporre il figlio minore ad indagine genetica? Su questo argomento delicato e complesso esistono specifiche linee guida a livello americano e europeo. Ce ne parla Francesca Girolami, genetista, che lavora presso l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, dove esiste un laboratorio di Cardiogenetica afferente alla struttura di Cardiologia Pediatrica costituita da un equipe di due genetisti e sette cardiologi.

Francesca Girolami

Dr.ssa Francesca Girolami

Francesca Girolami, genetista, lei lavora in Cardiologia presso l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, se un genitore è affetto da cardiomiopatia e ne è stato identificato il difetto genetico responsabile, è consigliabile sottoporre a indagine genetica anche i figli?

Questo è un argomento molto delicato, occorre valutare caso per caso con estrema cautela. Se i figli non presentano segni di cardiomiopatia e sono minorenni, l’indagine viene rimandata fino all’età di almeno 10/12 anni, se non al compimento della maggiore età, in accordo a specifiche linee guida internazionali (europee ed americane). Il motivo di tale indicazione sta nel fatto che, anche conoscendo precocemente la presenza del difetto genetico, al momento non esistono concrete possibilità di terapie o di trattamenti preventivi che consentano l’eventuale manifestazione della malattia negli anni successivi. Pertanto, un eventuale responso positivo del test genetico in un bambino che non presenta segni di cardiopatia (e che potrebbe non svilupparla mai, o molto più avanti nell’età) diventa una ‘etichetta’ che può condizionare la vita sua e dei suoi genitori, anche dal punto di vista psicologico. L’età di 10/12 anni che le linee guida internazionali indicano come primo “appuntamento” per valutare l’esecuzione del test genetico è motivata anche dal fatto che quello è il momento in cui i ragazzi spesso intraprendono uno sport. Sappiamo che, per alcune forme di cardiomiopatia la presenza del difetto genetico puo’ portare all’interruzione dell’attività sportiva agonistica a scopo preventivo. Il messaggio che vogliamo trasmettere alle famiglie è questo: in generale fino a 10/12 anni è sconsigliabile prendere in considerazione l’analisi genetica su minori non affetti, tranne in casi molto particolari.

Come viene eseguito il test genetico nel bambino?

Il test genetico viene eseguito unitamente alla consulenza genetica, un colloquio mediante il quale i genitori del minore vengono informati sulle modalità di esecuzione del test (che si esegue su un piccolo campione di sangue), sui possibili risultati, vantaggi e limiti. Al termine del colloquio è prevista la firma del consenso informato all’esecuzione del test. Spesso il percorso prevede piu’ di un incontro da parte del team di professionisti (cardiologo, genetista medico, genetista di laboratorio) in modo da affrontare i vari aspetti e dare anche il tempo necessario per riflettere sulle informazioni date.

Talvolta, interviene anche lo psicologo. E’molto importante saper ascoltare e tenere in considerazione anche l’opinione del minore soprattutto se si tratta di adolescenti

Quali sono i casi in cui invece l’indagine genetica su un minore è fortemente indicata ?

Quando nel minore si sospetta una Cardiomiopatia c’è l’indicazione ad eseguire il test genetico per aiutare il cardiologo nella diagnosi e nell’eventuale trattamento. Si può così distinguere se siamo di fronte ad una forma attribuibile ad un gene o un altro, con ricadute importanti sulla cura. Ad esempio il test genetico puo’ identificare mutazioni associate a quadri sindromici o metabolici (talvolta associati a ritardo mentale, alterazioni dell’aspetto volto o problemi dei muscoli periferici) con prognosi diversa rispetto alla forme classiche e che richiedono terapie mirate. Una volta identificata la mutazione si puo’ eseguire il test a cascata su tutta la famiglia. Inoltre è possibile calcolare anche il rischio di ricorrenza per future gravidanze e in alcuni casi offrire la possibilità di una diagnosi prenatale.

Identificare il gene implicato è dunque essenziale per differenziare la cura?

Oggi si stanno mettendo a punto terapie basate sempre di più sulla conoscenza del gene alterato del paziente. Per la maggior parte delle Cardiomiopatie, anche se si tratta ancora di studi sperimentali, la prospettiva è quella di ottenere terapie personalizzate e non è utopistico pensare che nell’arco dei prossimi dieci anni le cure possano essere impostate in base “all’impronta” genetica di ciascuno. La genetica sta dunque aprendo orizzonti impensabili fino a poco tempo fa. Nell’ultimo decennio la genetica ha subito una rivoluzione notevole grazie a nuove metodiche di sequenziamento del genoma, definite Next-Generation Sequencing (NGS), che consentono di studiare numerosi geni contemporaneamente in molti pazienti a costi ridotti. Si tratta di un sequenziamento massivo che permette l’analisi anche di 100/150 geni fino all’intero genoma.

Ci faccia un esempio concreto

Fare un’analisi genetica è come leggere un libro con tanti capitoli e cercare fra tante la parola sbagliata, quella che non riesce a dare senso compiuto a una frase. In modo analogo, le nuove tecnologie consentono di trovare la mutazione, quella nota stonata, all’interno di un numero enorme di varianti in tempi rapidi ed in regioni del genoma prima inesplorabili.

E’ sempre possibile individuare la mutazione?

No, il test genetico puo’ dare anche un risultato negativo. Questo significa che, in base alle conoscenze e alle tecnologie attuali, non siamo stati in grado di rilevare la mutazione. Tuttavia non possiamo escludere che questa esista e che potremmo identificarla in futuro in seguito alle nuove conoscenze. Quando invece il risultato è positivo, significa che la variante è stata individuata e che ciò aiuterà il clinico nella diagnosi e nel trattamento. Inoltre, in questo caso si puo’ ricercare la variante anche in altri familiari. C’è anche un terzo risultato, che definiamo “inconclusivo”: ovvero siamo stati in grado di individuare una o più varianti, ma non siamo in grado di dire se siano collegate o meno alla malattia. Questo è un risultato che nell’immediato non offre nessun vantaggio sul piano clinico per il paziente, ma che deve essere rivalutato dal genetista nel tempo sulla base di nuovi studi e ricerche. Il potenziale tecnologico è andato molto più avanti delle nostre conoscenze sul genoma umano. Oggi, in base alle conoscenze attuali, riusciamo ad individuare la mutazione in circa il 50% dei casi con Cardiomiopatie. La genetica non è onnipotente come talvolta si crede.