Intervista al Prof. Giuseppe Limongelli
di Francesca Conti
Per cominciare, ci racconti qualcosa di lei: come ha iniziato il suo percorso professionale?
Sono uno specialista cardiologo. Nel 2001 ho avuto l’intuizione di dedicarmi alle malattie genetiche rare e, per approfondire questo ambito, ho deciso di trascorrere un periodo a Londra presso il centro di ricerca per cardiomiopatie diretto dai professori Elliot e McKenna. È lì che mi sono appassionato alle cardiomiopatie e ho scoperto il mondo delle malattie rare. Da allora, ho coltivato questa passione, anche se, naturalmente, il mio lavoro non si è limitato solo a questo: mi occupo di scompenso cardiaco, cardiologia pediatrica e molto altro.
Ha quindi costruito un’esperienza multidisciplinare. Come si è evoluto il suo lavoro negli anni?
Negli ultimi anni, a partire circa dal 2016-2017, ho contribuito alla creazione di un’unità dedicata alle malattie genetiche rare del cuore, che oggi coordino. Questa unità è riconosciuta come centro europeo di riferimento nell’ambito degli ERN (European Reference Networks) e rappresenta l’unico centro di questo tipo nel Sud Italia. È organizzata in modo peculiare: abbiamo cardiologi pediatrici formati per trattare anche pazienti adulti e viceversa. Grazie a questa flessibilità, il nostro ambulatorio può accogliere pazienti di ogni età, dal neonato all’anziano, affrontando patologie diverse, come l’amiloidosi, la sindrome di Marfan, malattia di Fabry , la sarcoidosi e molte altre. Recentemente, abbiamo anche attivato un ambulatorio per i familiari di soggetti deceduti improvvisamente o rianimati da arresto cardiaco e stiamo lavorando su uno dedicato alla gravidanza a rischio.
Inoltre c’è un ambulatorio multidisciplinare, dove oltre ai cardiologi, il nostro team include genetisti, una nutrizionista, e specialisti di diverse discipline, come nefrologi, neurologi, ortopedici e oculisti. Abbiamo anche un ambulatorio regionale di genetica, coordinato da un genetista esperto, che si avvale della collaborazione di genetisti più giovani e specializzandi di genetica medica della della Università Vanvitelli. Inoltre, lavoriamo con assistenti sociali e psicologi, che supportano sia il centro di malattie rare sia l’unità per le malattie genetiche rare. Questa rete multidisciplinare è fondamentale per affrontare patologie complesse e garantire un approccio integrato al paziente.
Siete anche coinvolti a livello regionale?
Assolutamente. Coordiniamo il Centro Regionale per le Malattie Rare della Campania, che gestisce un registro regionale di tutte le malattie rare, non solo quelle cardiache. Offriamo anche una help-line con un numero verde per supportare i pazienti su questioni mediche, farmaceutiche e sociali. Il nostro staff include esperti di counseling, informatici, statistici, un amministrativo e persino un avvocato, oltre a una specialista in comunicazione e social media. Questo lavoro è frutto di un impegno costante negli ultimi vent’anni, ma siamo riusciti a costruire questo gruppo nutrito e multidisciplinare negli ultimi sette anni. Oltre al mio ruolo nell’unità di malattie genetiche rare e nel centro di coordinamento regionale, sono anche direttore scientifico del Centro NEMO per le malattie neuromuscolari di Napoli e membro della Commissione Nazionale Malattie Rare.
Parlando di reti più ampie, siete collegati a network internazionali?
Siamo parte di diverse reti internazionali. Collaboriamo con il International Bicuspid Aortic Valve Consortium (BAVCon) negli Stati Uniti, con l’International Cardiomyopathy Network di Londra e con la Marfan Foundation americana. Inoltre, facciamo parte di network dedicati a malattie genetiche rare come le Cardiomiopatie derivanti da mutazioni genetiche del sistema “RAS” (dette “rasopatie”), che comprendono la Sindrome di Noonan, Costello, Leopard, etc. Queste collaborazioni sono essenziali per avanzare nella ricerca e garantire il miglior trattamento ai pazienti.
Quali sono i progetti futuri?
L’obiettivo principale è stabilizzare e rafforzare quanto costruito finora. Creare una struttura come questa è difficilissimo, ma mantenerla richiede ancora più impegno. Serve il sostegno delle istituzioni, dell’azienda ospedaliera e dell’università, oltre al continuo lavoro del team clinico e di ricerca. Il rischio, soprattutto in un sistema sanitario complesso che sta virando sempre più verso il privato, è che le malattie rare vengano considerate marginali. In realtà, sono patologie devastanti che causano scompenso cardiaco, morte improvvisa e coinvolgono intere famiglie, quindi fare prevenzione è fondamentale. Il nostro lavoro è guidato dall’obiettivo di applicare il Piano Nazionale Malattie Rare e la Legge 175, affinché nessun paziente venga lasciato indietro.
![Limongelli – Aicarm Prof Limongelli](https://www.aicarm.it/wp-content/uploads/2022/11/Limongelli-Aicarm.png)
Giuseppe Limongelli si è laureato in Medicina e chirurgia alla Seconda Università di Napoli (1997), dove si è anche specializzato in Cardiologia e ha frequentato il Master in Nefrologia (2001). Dal 2002 al 2003 è stato Research Fellow presso il Genotyping Lab & Heart Failure Clinic della St George’s Hospital Medical School di Londra, poi dal 2003 al 2004 presso lo University College of London. Nel 2007 ha ottenuto il titolo di “European Doctor in Biotechnology”. Nel 2017 è diventato professore associato di Cardiologia presso il dipartimento di Scienze traslazionali dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, e dal 2020 è professore ordinario. È direttore dell’Unità di malattie cardiovascolari rare ed ereditarie dell’Ospedale Monaldi. Dal 2018 è anche Direttore del coordinamento malattie rare della Regione Campania ed è membro del Comitato nazionale per le malattie rare del Ministero della salute. Ricopre inoltre il ruolo di direttore scientifico del centro NeMO di Napoli.