Sofia Palma e Franco Cecchi, presidente AICARM Onlus

Siamo soliti pensare che gli atleti e gli sportivi in genere siano al sicuro dalle malattie, anche cardiovascolari e che i grandi campioni siano come supereroi, sempre in salute… ma in realtà non è proprio così. Il cuore dei grandi sportivi spesso è modificato dall’ allenamento intenso cui viene sottoposto e la linea che divide un cosiddetto “Cuore d’atleta” da un cuore patologico è talvolta sottile: in entrambi i casi, si può registrare ipertrofia e/o dilatazione ventricolare, ECG alterato, bradicardia o aritmie. Questa differenza apparentemente labile, è in realtà cruciale. Da questa diagnosi dipende la vita dell’atleta e anche in assenza di sintomi, potrebbe essere presente una patologia nascosta che può condurre a morte.

Ogni atleta che partecipa a competizioni ufficiali è monitorato grazie alle visite medico sportive, nelle quali possono essere identificate molte patologie, anche cardiocircolatorie. Tuttavia i sintomi possono essere taciuti o sottovalutati e l’ECG standard, richiesto dalla legislazione italiana per ottenere l’idoneità, insufficiente a far sospettare la presenza di una cardiopatia.

Un esempio tristemente celebre è il caso di Davide Astori, il capitano della squadra di calcio fiorentina, trovato morto nella sua camera di albergo la mattina di una domenica del 4 marzo 2018 nella quale avrebbe dovuto disputare una partita di calcio. Le indagini sulla morte di Astori sono state lunghe e le ipotesi riguardo alla sua morte molte: inizialmente la stampa e i giornali avevano riportato che il suo cuore fosse andato incontro a un episodio di bradicardia, ovvero che avesse iniziato a battere con frequenza sempre minore fino a fermarsi, evento assai poco verosimile dal punto di vista medico.

In seguito l’autopsia ha dimostrato che in realtà era presente una Cardiomiopatia aritmogena e la morte era avvenuta nel sonno per un arresto cardiaco da Fibrillazione ventricolare.

La Cardiomiopatia aritmogena si realizza in seguito alla produzione difettosa di proteine strutturali delle cellule del cuore. Queste cellule, dette “cardiomiociti” hanno bisogno di proteine contrattili efficienti (es. miosina, actina, Troponina, etc), ma anche di altre proteine (es. “catenina, desmoplachina, plakofillina,etc”) fondamentali per tenere “legate” le cellule l’una con l’altra, in modo da permettere una contrazione sincrona dell’organo. Se queste proteine risultano assenti o modificate, per la presenza di “varianti” genetiche, identificabili con l’analisi genetica, i legami fra cardiomiociti vengono distrutti, con danno di una parte del tessuto muscolare e sua sostituzione con tessuto fibroso, solitamente nel ventricolo destro, ma talvolta anche nel ventricolo sinistro.

Questa patologia purtroppo non è semplice da diagnosticare, perché può restare silente e asintomatica a lungo o dar luogo ad aritmie apparentemente banali come le extrasistoli. La difficoltà della diagnosi non deve scoraggiare ma deve invece far considerare come potenzialmente importante anche una piccola anomalia, sia nell’elettrocardiogramma a riposo e soprattutto in quello da sforzo.

In questi casi è importante la collaborazione fra medici sportivi e cardiologi nei centri di riferimento con ampia esperienza nella diagnosi delle cardiomiopatie.