Mi chiamo Fabrizio ed ho 66 anni, sono nato e vivo in Toscana. Convivo con una Cardiomiopatia ipertrofica (CMI) non ostruttiva fin dalla nascita. La mia storia clinica inizia all’età di 18 anni con l’intuizione di un cardiologo dell’ospedale del mio paese, che mi porta all’ospedale di Siena per fare un ecocardiogramma. Ricordo ancora che era una macchina enorme che riempiva quasi tutta la stanza (credo una delle prime in Toscana) e mi diagnostica la malattia.

Da quel momento la mia vita cambia con la consapevolezza di avere una malattia rara. All’età di 20 anni vengo visitato da 3 diversi cardiologi famosi, che fanno diagnosi diverse, ed uno di essi mi propone di portarmi negli Stati Uniti ad operarmi, con un rischio operatorio del 50%. Gli altri due consigliano di vedere nel tempo come si sarebbe evoluta ed eventualmente intervenire in caso di aggravamento. Naturalmente visto l’elevato rischio decisi di non operarmi e di controllarmi periodicamente presso un cardiologo di Arezzo. Ho trascorso i 25 anni successivi piuttosto bene, lavorando intensamente come imprenditore fino a quando all’età di 45 anni il mio cardiologo, molto onestamente mi disse che, vista l’evoluzione della Cardiomiopatia, mi indicò di rivolgermi al
Prof. Franco Cecchi di Firenze.

Dal quel momento e siamo nel 1999, consapevolmente comincio a capire quale malattia avevo e quale dovesse essere il mio stile di vita, anche se non sempre ho seguito le indicazioni date. Infatti nel 2001 mi è stato impiantato un ICD per una aritmia grave, una Tachicardia ventricolare sostenuta, sostituito poi nel 2007 e nel 2015. Nel frattempo mi sottopongo ad analisi genetica, che precisa la diagnosi di CMI sarcomerica familiare, effettuata poi anche a mio figlio, mia sorella, le mie due nipoti, con conferma della diagnosi di Cardiomiopatia ipertrofica anche in loro, con manifestazioni e sintomi diversi.

Certo con il passare degli anni la vita cambia, anche se posso viaggiare, lavorare, incontrare amici, sento sempre di più affaticamento, difficoltà respiratorie. Nel 2009, mi viene consigliata una coronarografia, che dimostra una malattia coronarica, con restringimento di un vaso al 90% e occlusione di un suo collaterale. Viene risolta con angioplastica e l’impianto di uno stent all’Ospedale di Careggi di Firenze. La coronarografia è stata poi ripetuta nel 2013, 2016 e 2018. Viene anche dimostrata la presenza di un aneurisma apicale ed una TAC cardiaca dimostra che all’interno dell’aneurisma apicale c’è un trombo. In aggiunta alla terapia devo prendere anche farmaci anticoagulanti, che sciolgono il trombo, ma che dovrò a prendere per tutta la vita, con l’obbligo di dover controllare il valore dell’INR ogni 20-30 giorni.

Nel 2016 mentre ero in casa a riposo, improvvisamente inizio a respirare male e vengo trasportato all’ Ospedale di Arezzo in codice rosso per edema polmonare, che viene poi risolto rapidamente. Questo evento mi ha segnato molto da un punto di vista psicologico, perché per la prima volta ho avuto veramente paura di non farcela. Infatti rallento moltissimo i ritmi di lavoro e comincio a pensare che la vita è il bene migliore da salvaguardare. Inizio una terapia per prevenire lo scompenso con 2 compresse di Lasix giornaliere, che mi cambiano veramente il modo di vivere e mi costringono a rimanere a casa ed a frequentare luoghi ben conosciuti per usufruire dei servizi igienici. Mi viene proposto un intervento cardiochirurgico di sostituzione della valvola mitrale, ma mentre sono in attesa del ricovero, nel Settembre 2018 ho un nuovo edema polmonare mentre mi trovo, fortunatamente con mia moglie, a Pontedera. Risolto anche questo scompenso, con l’aiuto del Prof. Cecchi, sono stato trasferito in ambulanza al Policlinico di Monza (centro di eccellenza per cardiomiopatie), dove tre giorni dopo sono stato operato dal Prof. Ferrazzi. Prima dell’intervento mi

ha messo al corrente del rischio operatorio (circa il 10% a fronte di un rischio solitamente inferiore al 1-2%), ma mi ha anche tranquillizzato, dicendomi che ce l’avrei fatta. L’intervento è stato complesso, con la resezione dell’aneurisma (aneurismectomia) ventricolare sinistra, rivascolarizzazione con by pass sul ramo margine ottuso, e sostituzione valvola mitralica. E’ riuscito brillantemente, ma esco molto prostrato e impiego molto tempo per recuperare le forze.. Rimango in ospedale per altri 30 giorni e durante la degenza ho dolori toracici intensi, finchè compare un’ampia zona di Herpes zoster toracico anteriore e posteriore (chiamato popolarmente “fuoco di S.Antonio”), che impiegherò tre mesi a risolvere. Una sofferenza incredibile !!! La degenza è stata lunga e dolorosa e ne sono uscito con la mia grande volontà di guarire, ma anche soprattutto con la presenza e l’aiuto costante di mia moglie. Fra l’altro durante la riabilitazione a Monza ero anche stato sottoposto ad ablazione per flutter atriale recidivante , poi ancora cardiovertito elettricamente all’ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze dopo 2 mesi, ma poi non più ricomparso. Per migliorare la mia capacità di fare sforzi, ho fatto ancora cicli di cardioriabilitazione presso l’ospedale di Arezzo.

Come mi sento dall’intervento in poi? Sono cosciente di essere un cardiopatico, ma dopo aver superato molte crisi ed ostacoli, mi sento in grado di fare una vita quasi normale. Nei momenti migliori faccio attività fisica leggera tutti i giorni, lavoro intellettualmente a casa, in giardino, faccio con mia moglie una-due viaggi di piacere all’anno in Europa. Nel tempo di COVID 19 posso ritenermi una persona abbastanza felice, grazie anche alla competenza ed all’impegno di tutti coloro che mi hanno assistito