Rivoluzione gliflozine, da cura per il diabete a farmaci salvavita

Proteggono contro lo scompenso cardiaco
Le gliflozine, una classe di farmaci studiati per aiutare i pazienti diabetici a controllare la glicemia si sono rivelate una terapia eccezionale per proteggere il cuore e in poco tempo sono diventate il “quarto pilastro” contro lo scompenso cardiaco cambiando la pratica clinica in tutto il mondo. Tirando le somme di tutti gli studi disponibili, le gliflozine mostrano una riduzione di quasi il 25% del rischio di morte o nuova ospedalizzazione. Anche per i pazienti oncologici si apre una nuova frontiera.

di Francesca Conti

Capsule di gliflozine

Come sono nate le gliflozine e perché hanno sorpreso i ricercatori

A volte le più grandi rivoluzioni nascono per caso, è proprio quello che è successo con le gliflozine, una classe di farmaci nati con uno scopo molto preciso: aiutare i pazienti diabetici a controllare la glicemia. Il meccanismo era semplice, quasi disarmante nella sua semplicità: bloccare una proteina nei reni chiamata SGLT2, che normalmente recupera lo zucchero dal sangue filtrato, costringendo così l’organismo a eliminarlo attraverso l’urina.

«A volte le più grandi rivoluzioni nascono per caso.»

Le prove cliniche che hanno cambiato la storia dello scompenso cardiaco

Ma durante gli studi clinici è emerso qualcosa di completamente inaspettato. I ricercatori hanno iniziato a notare benefici che non avevano nulla a che fare con il diabete. I grafici parlavano chiaro: questi farmaci stavano proteggendo il cuore in modo straordinario e funzionavano anche nei pazienti che non avevano il diabete.

Due studi fondamentali, DAPA-HF e EMPEROR-Reduced, hanno dimostrato una riduzione drastica del rischio di peggioramento dello scompenso cardiaco e morte cardiovascolare. Le prove erano tali che nel giro di pochissimo tempo le gliflozine sono diventate il “quarto pilastro” della terapia dello scompenso cardiaco, affiancandosi a farmaci usati da decenni come gli ACE-inibitori, i beta-bloccanti e gli antagonisti dei mineralcorticoidi.

Le linee guida europee del 2021 hanno assegnato agli SGLT2-inibitori una raccomandazione di Classe I, il massimo livello di evidenza scientifica. Un riconoscimento che ha cambiato la pratica clinica in tutto il mondo. La vera rivoluzione doveva ancora arrivare. Per decenni, circa la metà di tutte le persone con insufficienza cardiaca ed una forza di pompa del cuore normale, la cosiddetta ‘Insufficienza cardiaca con funzione preservata’ non aveva una cura che funzionasse davvero. Si trattava di pazienti il cui cuore si contrae bene ma è troppo rigido per riempirsi di sangue come dovrebbe. Un problema enorme, per cui semplicemente non esistevano soluzioni efficaci.

Il beneficio nelle forme di scompenso con funzione preservata

Gli studi EMPEROR-Preserved e DELIVER hanno dimostrato per la prima volta un beneficio chiaro proprio in questi pazienti, rendendo le gliflozine la prima e tuttora unica classe di farmaci efficace in questa tipologia. Tirando le somme di tutti gli studi disponibili, dette meta-analisi) questi farmaci mostrano una riduzione di quasi il 25% del rischio di morte per cause cardiovascolari e nuova ospedalizzazione per scompenso cardiaco.

Perché agiscono così velocemente: il periodo vulnerabile

Un quarto del rischio in meno: una cifra semplicemente enorme in questo campo. Una delle scoperte più importanti riguarda la velocità d’azione di questi farmaci. Il beneficio clinico significativo è stato raggiunto molto precocemente: già entro 28 giorni per Dapagliflozin nello studio DAPA-HF e addirittura dopo 18 giorni per Empagliflozin nello studio EMPEROR-Preserved. Questa rapidità è cruciale nel cosiddetto “periodo vulnerabile”, quei primi mesi dopo un ricovero per scompenso cardiaco in cui il rischio di morte aumenta. Studi come EMPULSE e DAPA ACT HF-TIMI 68 hanno dimostrato che l’inizio precoce della terapia con SGLT2-inibitori durante il ricovero per scompenso acuto produce benefici significativi, tanto che l’aggiornamento 2023 delle linee guida ESC raccomanda l’iniziazione e la rapida titolazione della terapia prima della dimissione.

«I grafici parlavano chiaro: questi farmaci stavano proteggendo il cuore in modo straordinario. Un quarto del rischio in meno: una cifra semplicemente enorme in questo campo.»

I benefici renali: un effetto protettivo senza precedenti

I benefici delle gliflozine si estendono ben oltre il cuore. Studi come CREDENCE, DAPA-CKD, EMPEROR-Reduced ed EMPA-KIDNEY hanno tutti confermato un potente effetto protettivo sulla funzione renale, rendendo questi farmaci i più efficaci disponibili per questo scopo. Il dato più interessante è che tanto più precoce è l’inizio della terapia, tanto più si ritarderà l’insorgenza dell’insufficienza renale terminale, con la stima di un ritardo di circa 26 anni se la terapia inizia con una funzione renale soltanto leggermente abbassata. Non sono solo numeri: sono anni di vita guadagnati, anni in cui un paziente può evitare la dialisi.

Una nuova frontiera: proteggere il cuore durante la chemioterapia

Come fanno le gliflozine a produrre tutti questi benefici? Il meccanismo d’azione completo è ancora oggetto di studio, ma gli scienziati hanno identificato diversi effetti: la riduzione del sovraccarico di liquidi, l’effetto antinfiammatorio, il miglioramento energetico e la riduzione dell’attivazione del sistema nervoso. Questi meccanismi lavorano in sinergia per proteggere cuore e reni. La ricerca non si ferma e l’ultimo capitolo di questa storia è ancora più sorprendente. Studi recenti, incluso uno studio retrospettivo su oltre 95.000 pazienti e lo studio prospettico EMPACARD-PILOT, suggeriscono che le gliflozine possano prevenire il danno al cuore indotto da chemioterapici, con una riduzione dell’88% dell’incidenza di disfunzione cardiaca in pazienti trattati con doxorubicina, un farmaco comune nella terapia antitumorale. È una frontiera ancora da esplorare completamente e soprattutto da confermare, ma incredibilmente promettente per i pazienti oncologici, che spesso devono affrontare il difficile dilemma tra curare il cancro e proteggere il cuore.

Il problema dell’inerzia terapeutica e la prescrizione in Italia

Nonostante tutte queste evidenze schiaccianti, esiste ancora un problema: l’inerzia terapeutica. Troppo spesso questi farmaci salvavita non vengono prescritti abbastanza rapidamente, soprattutto nei pazienti acuti ad alto rischio. In Italia, almeno, le gliflozine sono diventate farmaci prescrivibili senza necessità di piano terapeutico, semplificando enormemente la loro prescrizione e accessibilità. Un passo importante per garantire che questi benefici raggiungano tutti i pazienti che ne hanno bisogno.

Perché queste informazioni sono importanti per i pazienti

La storia delle gliflozine ci insegna qualcosa di fondamentale: la scienza può riservare scoperte inattese che trasformano radicalmente la nostra comprensione delle malattie. Un farmaco nato per il diabete si è rivelato un salvavita per milioni di persone con scompenso cardiaco e malattia renale.

Per i pazienti e i loro familiari, comprendere la scienza dietro queste terapie non è solo questione di curiosità. Significa avere gli strumenti giusti per dialogare con i medici, per partecipare attivamente alle decisioni sulla propria salute. Significa, in fondo, guardare al futuro non solo con speranza, ma con la certezza che l’andamento di queste condizioni può davvero essere cambiato in meglio.

«La storia delle gliflozine ci insegna qualcosa di fondamentale: la scienza può riservare scoperte inattese.»

Approfondisci le nuove terapie metaboliche

Accanto agli SGLT2-inibitori, un’altra classe farmacologica sta emergendo come strumento essenziale nella gestione integrata dei pazienti con rischio cardiometabolico: gli agonisti del recettore GLP-1.

Questi farmaci, inizialmente sviluppati per il trattamento del diabete, hanno dimostrato benefici significativi su obesità, controllo metabolico e prevenzione delle complicanze cardiovascolari. Una panoramica completa è disponibile nel nostro approfondimento dedicato.