Fondamentale la rete nazionale per essere più efficaci

Intervista al dottor Antonino Nicosia
Il dottor Antonino Nicosia, direttore della Cardiologia dell’Ospedale Giovanni Paolo II di Ragusa, commenta i risultati dell’iniziativa. Il valore aggiunto del modello messo a fuoco da AICARM, dice, è guardare la malattia con l’occhio del paziente. Ragusa ha confermato quanto sia importante fare rete al livello nazionale per essere più efficaci nell’affrontare la malattia.

di Francesca Conti

Ci può raccontare l’esperienza che avete fatto a Ragusa con AICARM?

A Ragusa abbiamo avuto l’opportunità di accogliere AICARM e il loro progetto per Pazienti esperti, che propone una visione della sanità dal lato del paziente. Devo ammettere che personalmente ero inizialmente scettico su questa iniziativa, al contrario si è rivelata una mattinata estremamente proficua, sia per noi medici che per i pazienti che hanno raccontato la loro esperienza e per coloro che hanno assistito a questi racconti.
Il dottor Antonino Nicosia

In che modo è stata utile per voi medici?

Per i medici è stato un momento di condivisione e di aggiornamento. Abbiamo discusso alcune piccole problematiche cliniche, ma il valore più grande è stata l’occasione di guardare la malattia con gli occhi del paziente. Questo ci ha permesso di riflettere sulle risposte che dobbiamo dare ai pazienti, non solo in termini clinici, ma anche nell’approccio umano e nei consigli pratici per la vita quotidiana. Queste persone affrontano patologie complesse, spesso sono portatrici di defibrillatori o hanno una prospettiva di vita particolare, come l’attesa di un trapianto. Hanno bisogno di un punto di riferimento, di aderire perfettamente alle cure e di avere fiducia nel futuro, per capire come condurre la loro vita convivendo con la malattia. Questo è stato il valore aggiunto che ho apprezzato moltissimo. Sono contento e spero di dare un futuro a questa iniziativa l’anno prossimo.

“Il valore più grande è stata l’occasione di guardare la malattia con gli occhi del paziente”

Quanto è importante, secondo lei, mettere in connessione i servizi, creare una rete tra diverse esperienze, non solo dal punto di vista del volontariato ma anche da quello medico?

L’importanza è cruciale. Impariamo da chi ha iniziato questo percorso prima di noi. Avere la possibilità di fare rete, di avere punti di riferimento nazionali che si occupano di patologie così complesse e relativamente rare, è fondamentale per un approccio efficace a questo tipo di patologie.

Tornando al suo scetticismo iniziale, potremmo dire che forse c’è un gap tra la figura del medico, con il suo approccio tecnico-scientifico, e questo tipo di iniziativa. Come si è superato questo passaggio?

Ero scettico perché inizialmente pensavo che forse non ci sarebbe stata l’occasione di affrontare la patologia in maniera accurata dal punto di vista scientifico e quindi di approfondire alcuni argomenti medici. Temevo che finisse tutto nelle storie di vita dei pazienti che raccontano la loro malattia e tutto si concludesse lì. In realtà il racconto del paziente, che certamente è toccante, fatto ai medici che si occupano di questa patologia all’interno di un contesto scientifico, ha consentito anche a noi medici di imparare e sentire un punto di vista cruciale: il modo in cui il paziente vive la sua malattia e riceve i nostri consigli. L’aderenza terapeutica per questi pazienti è fondamentale, e capire come vivono la loro condizione è il modo migliore per stargli vicino e ottenere questa aderenza. Quindi non è solo un racconto di storie che potrebbero essere fatte in un teatro, ma uno strumento che permette a chi eroga le cure di imparare un nuovo modo di stare vicino al paziente. Si crea così un trait d’union, un’alleanza cruciale nella gestione della malattia.

“Capire come i pazienti vivono la loro condizione è il modo migliore per stargli vicino e ottenere l’aderenza terapeutica”

Ci sono progetti per il futuro?

Stiamo programmando un evento per il prossimo anno sulla scorta di questo, che sarà sempre un evento ‘ibrido’: avrà una sua parte scientifica e una parte dedicata ai pazienti, per affrontare e riproporre esattamente quanto abbiamo fatto, ma in maniera ancora meglio strutturata.

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