Intervista alla psichiatra Guendalina Rossi

Gli effetti della pandemia: l’angoscia dei giovani in cerca di un nuovo  equilibrio

Di Laura D’Ettole

Investiti da immagini di malattia e morte reale, paura di diventare strumenti di contagio per le persone care: la vita psichica degli adolescenti è stata sottoposta a uno stress senza limiti nella pandemia. E i loro comportamenti reali sono ben lontani dallo stereotipo talvolta diffuso dai media: violenti, incoscienti e menefreghisti. Guendalina Rossi, psichiatra e psicoterapeuta – due studi professionali, uno a Firenze e l’altro ad Arezzo – ci parla della loro difficile realtà di vita e della loro invisibilità, che spicca nella spirale di sofferenza che ha coinvolto tutti quanti.

Guendalina Rossi, quali mutamenti e quali dinamiche ha registrato nella sua attività di psichiatra in questi mesi di pandemia? 

La nostra attività professionale in qualità di psichiatri rivela una sorta di ciclicità stagionale. In generale, i momenti critici dell’anno si possono collocare all’inizio della primavera, in autunno e nel periodo natalizio, quando assistiamo ad un aumento dei disturbi dell’umore e di conseguenza ad una crescita delle prime visite. I due periodi di lock down, quelli del 2020 e quello del 2021, hanno scompaginato questa “regolarità” ricorrente.

Le persone hanno reagito diversamente nel primo e nel secondo anno di pandemia?

Le reazioni sono state molto diverse. Nel primo lockdown del 2020 in Toscana percepivamo un rischio lontano, un’emergenza che si sarebbe risolta, una condizione eccezionale che sarebbe rientrata. “Andrà tutto bene” ripetevamo e la pandemia fu affrontata con uno spirito vitale molto superiore a quello odierno. I ragazzi in particolare sembravano quasi compiaciuti di realizzare un sogno nascosto: la scuola chiusa per legge. Da settembre 2020 tutto è cambiato.

Guendalina Rossi

Dr.a Guendalina Rossi

L’impennata della pandemia ha provocato terrore?

Penso soprattutto che si sia percepita una nuova “normalità” in cui il virus diventava parte della nostra vita. Malattia e morte hanno cominciato a riguardarci da vicino. Per tutti noi psichiatri la richiesta di prime visite è stata altissima a partire da gennaio in particolare. Personalmente oggi lavoro 12 ore al giorno, anche il sabato. Sono arrivati pazienti di ogni fascia d’età. Adulti dai 35 ai 50 anni con problemi di ansia, problematiche legate all’abuso di alcolici, e si sono acutizzate difficoltà in famiglie costrette alla convivenza. Ma soprattutto abbiamo assistito ad una vera e propria impennata di pazienti adolescenti e preadolescenti, mi riferisco ad una fascia di età fra gli 11 e i 18 anni.

Quali sono state le loro prime manifestazioni di disagio?

I ragazzi hanno cominciato a disertare le lezioni on line, con casi in cui sono addirittura spariti dal palcoscenico della scuola rifiutandosi in seguito di tornare in presenza. Questi giovani, senza più un aspetto relazionale né con i professori né con il gruppo dei pari, si sono sentiti “non più visti”.

Un’immagine molto lontana dallo stereotipo che li ha descritti come insensibili e trasgressivi

Assolutamente vero. I ragazzi erano angosciatissimi di portare il contagio fra genitori e nonni, dall’idea di infettarli e farli morire. Nessuno in famiglia si è preso la briga di chiedere loro come si sentivano. Malattia e morte sono arrivate davanti agli occhi degli adolescenti senza filtri, in tutta la loro drammaticità. C’è stato un fenomeno diffusissimo di ritiro da scuola, ma anche dalla socializzazione. Il loro disagio talvolta è deflagrato in forme drammatiche con sintomatologie legate al self cutting, disturbi dell’alimentazione, depressione, ansia. E purtroppo ci tocca registrare anche un significativo aumento dei tentativi di suicidio.

La famiglia, la scuola come possono intervenire in queste situazioni di fragilità?

Lo sconcerto di questi ragazzi poteva essere un’occasione per parlare con gli adulti, poteva rappresentare un’occasione di crescita. Preadolescenza e adolescenza diventano periodi ad alto rischio se falliscono le tappe evolutive. Per questo famiglia, scuola, agenzie che si occupano della loro socialità devono avere una grande attenzione. Nella scuola, in particolare, si è evidenziata una crisi che già era latente prima della pandemia ed è assolutamente necessario intervenire.

Quali sono i sintomi che devono mettere in guardia i genitori?

I segnali da cogliere sono le “lamentele psicosomatiche” come mal di testa ricorrente, mal di pancia, spossatezza. Dal punto di vista dei comportamenti, trascurare la scuola, i contatti con i coetanei, ritirarsi in casa. La prima cosa da fare è parlare con loro. Capire cosa succede, che pensieri hanno. E poi rivolgersi anche a uno psicologo o uno psicoterapeuta. Guardi che queste figure sono un tabù per gli adulti, ma non fra i ragazzi che spesso hanno un mondo interno che non vogliono condividere con i genitori, ma tuttavia riescono ad aprirsi con un esperto.

Come uscire da questa crisi?

Questa crisi è stata un cambiamento profondo che ci ha imposto di prendere atto della realtà. Dal punto di vista evolutivo è un grande potenziale per aprirsi e costruire un nuovo equilibrio, migliore e più funzionale. I ragazzi lo stanno già facendo.