Testimonianze

Luca, salvato dall’arresto cardiaco

Luca convive con una cardiomiopatia ipertrofica e ama lo sport. Due anni fa ha avuto un arresto cardiaco che ha superato grazie alla perizia di un ragazzo che conosceva le tecniche di rianimazione. Ora ha deciso di raccontare la sua esperienza: se può aiutare anche solo una persona a salvarne un’altra – afferma – allora tutto quanto gli è accaduto può avere un senso.

La diagnosi

Mi chiamo Luca, ho 42 anni e convivo con una cardiomiopatia ipertrofica (variante gene MYBPC3). La diagnosi è arrivata quando avevo 24 anni, durante una visita sportiva. Da quel momento, la mia vita è cambiata. Ho consultato numerosi cardiologi, sperando di poter tornare a giocare a calcio, ma la risposta è sempre stata la stessa: niente attività agonistica. Tuttavia, nessuno mi ha mai proibito di fare sport del tutto, così ho continuato a praticarlo in modo amatoriale con gli amici: calcetto, padel, palestra.

L’arresto cardiaco

Tutto è cambiato il 10 luglio 2023.
Quel giorno faceva un caldo insopportabile, eppure ho deciso di giocare una partita di calcetto con gli amici. Poi, il buio. Ho avuto un arresto cardiaco in campo. Se oggi sono ancora qui è grazie a un ragazzo che, con prontezza, mi ha praticato il massaggio cardiaco e ha usato il defibrillatore. Poi l’ambulanza, l’intubazione, otto giorni di coma farmacologico. Quando mi sono svegliato, non riuscivo a crederci: ero vivo, senza danni neurologici. Un miracolo.

Luca e il suo salvatore

Luca e il suo salvatore

Il recupero e il defibrillatore

Dopo l’episodio, mi è stato impiantato un defibrillatore sottocutaneo. Il 1° settembre 2023 ero già tornato al lavoro, cercando di riprendermi la mia vita.

Il dilemma dello sport

Ma con un grande interrogativo: cosa posso fare adesso?
A sei mesi dall’arresto, un cardiologo mi ha detto che avrei potuto riprendere una blanda attività fisica: corsa lenta, nuoto, bicicletta. Con moderazione, senza esagerare. Dodici mesi dopo, un secondo cardiologo, consigliato dalla mia dottoressa di base, mi ha invece detto l’opposto: niente sport, solo camminate.

Il verdetto mi ha destabilizzato.
Lo sport è sempre stato la mia valvola di sfogo. Quando a 24 anni ho ricevuto la diagnosi, è stato uno shock, ma ho sempre cercato di mantenermi attivo. Ora, l’idea di non poter più fare sport mi spaventa. So di essere fortunato ad essere ancora qui, ma temo di deprimermi. Non voglio rischiare la vita, ma nemmeno rinunciare a tutto. Perché non basta proteggere il cuore, bisogna anche prendersi cura della testa.

Il valore della testimonianza

Oggi ho un nuovo obiettivo: raccontare la mia storia per far capire quanto sia fondamentale sapere cosa fare in caso di emergenza. Per questo collaboro con l’Associazione Morosini, per sensibilizzare sull’importanza del primo soccorso e dell’uso del defibrillatore. Pietro mi ha salvato perché sapeva cosa fare. Se la mia esperienza può aiutare anche solo una persona a salvarne un’altra, allora questa seconda possibilità avrà avuto davvero un senso.

Il ruolo di AICARM

Aicarm è convinta dell’importanza tempestiva della Rianimazione Cardiopolmonare e di conseguenza organizza corsi a favore di pazienti e di parenti dei pazienti, con l’obiettivo di creare una cultura diffusa della rianimazione. A settembre tornano i corsi organizzati periodicamente da Aicarm, consulta il nostro sito alla pagina Eventi e iscriviti anche alla newsletter in modo da essere sempre informato sui corsi e sulle iniziative di Aicarm.