Cardiomiopatie, mancano criteri diagnostici genere-specifici

Intervisata alla dr.ssa Alessia Argirò
Il Corso-convegno “Il Cuore delle donne – Diversità anche nelle cardiomiopatie”, in programma l’8 novembre 2025 presso l’Istituto degli Innocenti di Firenze, affronterà il tema ancora poco esplorato della cardiologia di genere. Tra le relatrici, la dott.ssa Alessia Argirò, cardiologa e dottoranda in Scienze Cliniche dell’Università di Firenze, che fa parte del team di Careggi impegnato nello studio delle differenze di genere nelle cardiomiopatie.

di Francesca Conti

Le donne sono meno rappresentate nelle popolazioni di pazienti con cardiomiopatie, un dato che potrebbe riflettere una sottodiagnosi rispetto agli uomini. Tuttavia, negli ultimi anni l’attenzione verso le differenze di genere è cresciuta, sia nell’individuazione di parametri diagnostici più adeguati, sia nella valutazione del rischio di eventi avversi.
Uno studio recente, condotto nel Regno Unito, ha mostrato come l’utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale possa contribuire a migliorare la diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica nelle donne.

Partiamo da una panoramica generale: come si presenta oggi il quadro delle patologie cardiovascolari e quali differenze emergono tra uomini e donne?

Le patologie cardiovascolari rimangono la prima causa di mortalità nel mondo. L’articolo Global, Regional, and National Burden of Cardiovascular Diseases and Risk Factors in 204 Countries and Territories, 1990-2023, uscito a fine settembre, ha mostrato un trend preoccupante: un peggioramento dagli anni ’90 ad oggi, con un importante incremento di mortalità per cause cardiovascolari addirittura del 40% negli uomini e di circa il 20% nelle donne. Questo sottolinea la centralità della patologia cardiovascolare che vede un trend di peggioramento negli ultimi anni. I fattori che pesano di più in questo incremento sono l’invecchiamento della popolazione, l’esposizione agli inquinanti ambientali e le patologie come l’obesità e al diabete.

La dottoressa Alessia Argirò

Generalmente le donne hanno un rischio di eventi cardiovascolari – e in questo caso intendiamo ictus e infarti – numericamente minore rispetto agli uomini. Questa differenza però si riduce con l’età, in particolare nella fase della post-menopausa. Tuttavia, le donne che sviluppano problemi cardiovascolari hanno un aumentato rischio di mortalità e complicanze rispetto agli uomini, probabilmente perché la diagnosi delle malattie cardiovascolari nelle donne è più complicata. Possono infatti avere sintomi differenti che possono essere male interpretati, facendo sì che la diagnosi avvenga in fase molto tardiva, quando i margini di trattamento terapeutico sono inferiori.

“Le donne che sviluppano problemi cardiovascolari hanno un aumentato rischio di mortalità e complicanze.”

Passiamo alle cardiomiopatie. Come si presenta la situazione nelle donne?

Per quanto riguarda le cardiomiopatie, quindi malattie del muscolo cardiaco principalmente su base genetica, la prevalenza nelle donne dipende dal modello di trasmissione del gene. Nelle patologie con trasmissione autosomica dominante – come la cardiomiopatia ipertrofica, la cardiomiopatia dilatativa e l’amiloidosi su base genetica – la prevalenza dovrebbe essere simile fra uomini e donne. Tuttavia, le donne sono sempre meno rappresentate nelle popolazioni di pazienti con cardiomiopatie, questo può essere dovuto a fattori protettivi che le donne potrebbero avere, ma soprattutto al fatto che le donne sono probabilmente meno diagnosticate rispetto agli uomini.

“le donne sono sempre meno rappresentate nelle popolazioni di pazienti con cardiomiopatie”

Può spiegarci meglio questo problema della diagnosi?

Cominciamo col dire che non abbiamo criteri diagnostici genere-specifici. Per esempio, per la cardiomiopatia ipertrofica, che si diagnostica sulla base dello spessore del ventricolo sinistro, le donne hanno spessori più piccoli rispetto agli uomini. Se sono alta 1 metro e 60, peso 50 kg, ho il cuore meno spesso di un uomo di 2 metri che pesa 100 kg. Però la diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica viene fatta a 15 mm, sia per me che per l’uomo di 2 metri. Per me raggiungere 15 mm significa uno scarto di spessore gigantesco rispetto a un uomo di dimensioni maggiori. Quindi le donne, avendo spessori più piccoli, possono o non raggiungere del tutto la soglia diagnostica, quindi non venire diagnosticate, o raggiungerla solo in casi estremamente severi. Uno studio recente inglese ha mostrato come, utilizzando algoritmi di intelligenza artificiale, sia possibile ricavare parametri di spessore genere-specifici, incrementando la diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica nelle donne. Questo è un grosso problema: non abbiamo parametri validati per le donne per diagnosticare le cardiomiopatie.

C’è una maggiore attenzione ora a risolvere queste criticità?

C’è molta più attenzione rispetto al passato, sia per quanto riguarda l’individuazione di parametri diagnostici che tengono conto delle differenze di genere, sia nella valutazione del rischio di eventi avversi. Per esempio, in determinate cardiomiopatie il rischio di eventi avversi è diverso negli uomini e nelle donne: nei pazienti con cardiomiopatia dilatativa da varianti della lamina, il rischio di aritmie maggiori è più presente negli uomini; viceversa, nelle cardiomiopatie da variante della desmoplachina, il rischio di eventi avversi è maggiore nelle donne. Quindi ora si sta cercando di inserire il genere come parametro fondamentale, sia dal punto di vista diagnostico che della stratificazione del rischio.

Si stanno facendo percorsi di sensibilizzazione nei confronti delle donne?

Ci sono percorsi di sensibilizzazione su diversi fronti. Prima di tutto sul riconoscimento dei sintomi cardiovascolari che nelle donne possono essere interpretati come semplici sintomi ansiosi, quando invece sono sintomi reali. La tachicardia, la mancanza di respiro, a volte possono essere interpretati come sintomi di ansia invece che reali sintomi da malattia del miocardio, questo perché si tende a sottostimare l’importanza del sintomo nelle donne.

“Nelle donne i sintomi cardiovascolari possono essere interpretati come sintomi ansiosi.”

Esistono campagne per favorire la prevenzione cardiovascolare in generale: sensibilizzare sull’importanza di misurarsi la pressione, fare esami del sangue per valutare la colesterolemia. Per quanto riguarda le cardiomiopatie, effettuare le visite in caso ci fossero familiari con cardiomiopatia – seguire le indicazioni del centro di riferimento, fare una visita di screening e poi visite di controllo sulla base di quello che viene indicato dal cardiologo.

Ha menzionato i fattori di rischio specifici delle donne…

Nelle donne è estremamente importante considerare come fattore di rischio le patologie della gravidanza. Avere ipertensione, diabete, pre-eclampsia durante la gravidanza espone al rischio di eventi cardiovascolari nel tempo. Le donne che hanno avuto questo tipo di problematiche devono mantenere i controlli nel lungo termine. Inoltre, lo sviluppo di disfunzione del ventricolo sinistro in gravidanza o appena dopo il parto può essere una spia della presenza di una cardiomiopatia. È un evento da non sottovalutare ed è importante riferirsi a un centro specializzato per effettuare le indagini necessarie.

“Avere ipertensione, diabete o pre-eclampsia durante la gravidanza espone al rischio di eventi cardiovascolari nel tempo.”

Ci sono percorsi dedicati alla cardiologia di genere in fase di implementazione?

C’è molto interesse e quindi è un argomento di assoluta attualità, anche nei percorsi di studio e nella formazione dei giovani medici. Per quanto riguarda la cardiologia, c’è una particolare attenzione per il momento della gravidanza e della menopausa, che sono momenti molto delicati e a rischio per lo sviluppo di patologie cardiovascolari.

La dott. Alessia Argirò, cardiologa e dottoranda in scienze cliniche dell’Università di Firenze, fa parte di un team a Careggi che sta lavorando sulle differenze di genere nelle cardiomiopatie.

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